BY: Renato Barbruni

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L’ESPERIENZA DELL’AMORE

Partiamo dall’anima per parlare dell’amore, poiché l’amore è un’esperienza dell’anima, poiché nell’amore l’anima fa sì che noi si faccia esperienza del mondo.
L’anima è il farsi persona del mondo, e lo può fare soltanto nelle esperienze totalizzanti, una di queste è l’amore.
L’amore ci percuote fino nel più profondo anfratto del nostro essere, al limite estremo della nostra forma esistente. L’amore trasforma e trascende, l’amore insegue e persegue. Nell’esperienza d’Amore ciascuno sente la necessità di andare altro se stesso, è quel senso di inadeguatezza che accompagna il momento dell’essere in-amore. Dire “sì” all’Amore è dare assenso al proprio spirito innovativo, poiché l’Amore svanisce quando svanisce l’anelito al proprio divenire. In questo caso assoggettiamo l’esperienza d’Amore alla conservazione della nostra quiete, non ci affidiamo alla sua (dell’Amore) spinta innovativa. Chi Ama è in perenne rinnovamento, rimane giovane nello spirito.
L’Amore è uno dei temi dell’Anima, ed è probabilmente il tema entro il quale si esprime l’Anima come discorso, come movimento verso la sua realizzazione. In Amore l’Anima si invera. E’ questo il senso della favola greca di Eros (Amore) e Psiche (Anima). E’ l’incontro con Eros che rende Vera, attuata, Psiche (Anima).

L’AMORE COME INCANTO SOGNO E PASSIONE

L’esperienza dell’incanto che come un’aura circonda l’amante preso dal pensiero dell’amato, fa sì che venga mutato il rapporto con l’interezza del reale. Attraverso il suo amore chi ama vede un mondo nuovo.

Il sogno come facoltà di trasfigurazione creativa, introduce l’amante verso aneliti di nuove possibilità di esistenza.

La passione costituisce la condizione abituale per cui l’amante si senti circonfuso in una realtà più grande a lui trascendente.

L’AMORE E IL DOLORE ovvero L’AMORE E IL SUO PARADOSSO

Prendiamo spunto da una poesia di Prevert, in cui troviamo le tracce dell’ombra dell’Amore: il dolore. Inevitabile, il dolore accompagna l’amore da sempre e per sempre.

PRIMA COLAZIONE

Lui ha messo
Il caffè nella tazza
Lui ha messo
Il latte nel caffè
Lui ha messo
lo zucchero nel caffelatte
ha girato
il cucchiaino
ha bevuto il caffelatte
ha posato la tazza
senza parlarmi
s’è acceso
una sigaretta
ha fatto
dei cerchi di fumo
ha messo la cenere
nel portacenere
senza parlarmi
s’è alzato
s’è messo
l’impermeabile
perché pioveva
e se n’è andato
sotto la pioggia
senza parlare
senza guardarmi
e io mi son presa
la testa fra le mani
e ho pianto

Sconsolata una donna piange la fine miserevole dell’incanto e del sogno e della passione; e la realtà che le appare è svuotata di senso, poiché lo spirito non alberga più entro le mura del rapporto tra lei e il suo uomo. Quelle mura si sono dissolte svelando un mondo opaco e sterile.

RESURREZIONE

Piano piano,
nel silenzio del mattino,
risboccia il fiore
eludendo la morte.
Il sole, lassù,
sorride, e sull’orizzonte risplende
il bacio della vita.
Un cigolio di finestra
riapre al giorno
la prigionia da inutili
e vuote passioni:
una pietra si spacca
rivelando un manto bianco,
un sudario inutile
e una gioia appena sentita.

Renato Barbruni

La fine di un amore si presenta alla donna della poesie, – ma può essere anche un uomo -, nel letto disfatto del risveglio mattutino, memoria della notte appena trascorso dove l’intimità è scolorita e scomparsa, rivelando “un sudario inutile”, un fare che non porta a nulla. I due non sono più Amanti, ma si costringono in un rapporto che sopravvive alla morte del loro essersi Amati. Ma quando lo sguardo procedo oltre la monotonia rassegnato e colpevole, e si torna ad ascoltare il flusso inesauribile del sorgere perenne della vita, la speranza si accende e illumina nuovamente lo scenario del proprio destino.

Ma il dolore è spesso accompagnato nell’amore dalle trame sottile e taglienti del senso della colpa. La colpa che deriva dall’aver inflitto una sofferenza,  di aver inflitto un dolore lacerante. Soffre chi è lasciato e soffre che lascia. Chi è lasciato soffre perché vede svanire il suo sogno, ma alle volte soffre perché incapace di lasciare libero l’altro rivelando così un modo di amare troppo intriso del desiderio del possedere. Perché l’amore si porta ancora dentro l’inquinamento che la storia dell’umanità gli ha imporesso. Il rapporto tra uomo e donna, in epoche passatre, era asservito alla conquista di nuove terre nella strategie della guerra. I conquistatori obbligavano al matrimonio o stupravano le donne della terra conquistata per aver da loro figlio che sarebbero così diventati eredi della terra conquista. In quel tempo storico l’amore deve aver subito una deformazione genetica, assorbendo in sé il senso del potere. Per cui uno possiede l’altro: ne ha il possesso.

Soffre chi lascia poiché si sente pervaso della colpa che deriva dal vedere il dolore della persona che ha un tempo amato e che forse a quel punto ama ancora, se pur di un amore diverso, più fraterno. E quando la colpa giunge agisce come distruzione di tutto ciò che incontra. Allora l’insicurezza pervade colui che sta compiendo l’atto del lasciare fino al punto di non saper più cose fare. Ne scaturiscono comportamento ambigui, discontinui e paradossali.

UNO SGUARDO ALLA POESIA

Jacques Prévert

QUESTO AMORE

Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gioioso
Così irrisorio
Tremante di paura come un bambino quando è buio
Così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che faceva paura
Agli altri
E li faceva parlare e impallidire
Questo amore tenuto d’occhio
Perché noi lo tenevamo d’occhio
Braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Perché noi l’abbiamo braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Quest’amore tutt’intero
Così vivo ancora
E baciato dal sole
E’ il tuo amore
E’ il mio amore
È quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
Che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda viva come l’estate
Sia tu che io possiamo
Dimenticare
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognarci della morte
Ringiovanire
E svegli sorridere ridere
Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire
E io l’ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me per tutti quelli che si amano
E che si sono amati
Oh si gli grido
Per me per te per tutti gli altri
Che non conosco
Resta dove sei
Non andartene via
Resta dov’eri un tempo
Resta dove sei
Non muoverti
Non te ne andare
Noi che siamo amati noi t’abbiamo
Dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci morire assiderati
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
Portaci in salvo.

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