BY: Renato Barbruni

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Ogni incontro umano, ogni avvenimento della vita dispiega alla nostra coscienza un insieme infinito di domande. Ciascuno di noi ha imparato da sé quanto sia faticoso cercarne le risposte. Gli uomini meno coraggiosi e meno forti abbandonano presto l’attitudine all’interrogarsi, altri continuano, per tutta lo loro vita, la ricerca della verità.
Non v’è età in cui gli interrogativi siano più carichi di aspettative come nell’infanzia. Il bambino vive un rapporto tutto particolare ed irripetibile nei confronti della realtà che lo circonda. Egli è sempre alla ricerca di qualcosa e il cercare è un’esperienza esistenziale fondamentale per lui. Le domande che pone sono soggettivamente importanti e quindi ne attende la risposta con estrema attenzione, in silenzio, quasi con devota trepidazione, poiché l’adulto conosce la verità: le sue parole sono la verità. Di fronte alle risposte esprime un atteggiamento rispettoso di tipo religioso, avvertendo inconsapevolmente l’importanza del dialogo umano. La domanda che egli pone non è soltanto espressione di curiosità, essa è l’agire di un dubbio interiore che chiede d’essere condiviso con quell’umano che gli è di fronte. Dunque ciò è il presentarsi della radice dell’umano dialogare: l’anelito alla condivisione della propria vita interiore.
Ma spesso, a onore del vero, l’adulto non è altrettanto rispettoso, è quasi sempre “in altre faccende affaccendato”, distratto e superficiale nel suo parlare al bambino. Così, spesso, il bambino si sente frastornato e insoddisfatto da una risposta che non è quella che si aspettava, che “sente” non vera, non essere la verità. “Ma, forse il mio interrogarmi e stupido e puerile.” Ecco che il bambino comincia a non chiedere più poiché nella mentalità dell’adulto egli solitamente pone domande sciocche: “curiosità da bambino”.
Se ci soffermiamo a osservare il modo di dialogare di un adulto con un bambino ci accorgiamo che, all’occhio dell’adulto, il bambino è una persona inferiore a cui non si concede quel rispetto che è usuale tra adulti. Ecco allora che viene prestata poca attenzione alle domande che il bambino pone: certamente questo è un atteggiamento culturale. Nella attuale società il bambino è coccolato, viziato, ma non si può dire che sia dovutamente rispettato. Dovremmo a questo punto intenderci sul concetto di rispetto. Nella nostra cultura si spinge sempre più precocemente il bambino verso l’età adulta quasi che l’infanzia sia un passaggio obbligato ma privo di valore. Per certi versi il bambino è indotto ad imitare l’adulto, tanto che il pensiero infantile viene soffocato; per altri versi il bambino viene lasciato a districarsi nella propria immediatezza ulteriormente enfatizzata dall’ideologia consumistica.
Sarebbe quindi più saggio innanzitutto stabilire se l’idea di uomo oggi vigente è la più corrispondente ai bisogni umani, prima di buttarci a capofitto a costruire con lo stampino tanti uomini tutti uguali, belli, razionali e ordinati. Ecco che una domanda mi sovviene impellente: “qual è allora la specificità dell’età infantile? Esiste una ricchezza peculiare di questa età che deve essere valorizzata?”
Non si può credere che il bambino sia un uomo un po’ più piccolo e un po’ meno intelligente. Vi devono essere indubbiamente delle particolarità nell’esperienza infantile che spesso con l’andar del tempo vengono rimosse.

R.Barbruni

In seguito alle precedenti riflessioni, elenchiamo alcuni punti da tener presente nella pratica educativa:
coltivare costantemente l’intimità tra genitori e figli con differenti strumenti a seconda dell’età (dalla ninna nanna, alla lettura di una storia, al raccontarsi…);
aver sempre presente che il fine educativo è l’autonomia, non solo pratica ma ache emotiva;
le regole sono uno strumento fondamentale per la crescita psicologica del fanciullo (devono essere semplici, poche ma chiare) poichè aiutano a contenere l’ansia e l’energia;
attenzione alle nuove tecnologie, l’uso deve essere sempre ponderato;
introdurre appena possibile (dai 2 o 3 anni) momenti in cui si richiede al bambino un aiuto nella gestione di alcune mansioni domestiche. Questo lo aiuterà a maturare la propria coscienza etica e la propria autostima.

I.Barbruni

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