BY: Renato Barbruni

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Da “I CHING – Il Libro dei mutamenti”
Esagramma. 25. Wu Wang – L’innocenza

Sopra il creativo, il cielo
Sotto l’eccitante, il tuono

La sentenza:
L’innocenza. Sublime riuscita.
Propizia è perseveranza.
Se qualcuno non è retto ha disgrazia,
e non è propizio imprendere qualche cosa.

Il recupero della propria integrità interiore prima della grande impresa: tema di molte favole, leggende, e preambolo a grandi gesta.

L’immagine:
Sotto il cielo passa il tuono:
tutte le cose acquistano lo stato naturale dell’innocenza.
Così gli antichi re curavano e nutrivano,
ricchi di virtù e in armonia con il tempo, tutti gli esseri.

• La ricerca della propria armonia interiore;
• armonizzare cioè la nostra vita esteriore con la vita interiore;
• l’autenticità perduta;
• la sintonia tra le varie parti che compongono la nostra personalità.

Una delle immagine e delle nozioni più belle che l’uomo, nella sua storia, abbia intuito ed elaborato. Il tema dell’innocenza è fondamentale per tante culture. Nel taoismo l’innocenza è definita come armonia, sintonia tra l’individuo nella sua trame esistenziale e la natura che gli scorre nell’anima. Rappresenta il congiungimento con la parte più profonda ed autentiche dell’anima. E’ il rinnovamento della connessione con le forze spirituali e cosmiche.
Già nella cultura occidentale, nell’ebraismo troviamo una nozione simile, in quanto l’innocenza, nel vecchio testamento, rappresenta la condizione che precede il peccato, il momento in cui l’uomo si è allontanato da Dio eludendo la Sua raccomandazione di non mangiare dall’albero del bene e del male. L’acquisizione da parte dell’uomo della consapevolezza della presenza di un “bene e di un male”, che lo fa uscire dell’Eden ( dall’innocenza e dalla purezza), produce la nascita della coscienza duale, la coscienza che ancora oggi noi usiamo per sperimentare ed interpretare la nostra esistenza. Lo scontro e il conflitto con le forze che noi pensiamo come bene e male ci colloca dentro una visione del mondo matura perché scevra dell’illusione primordiale di una realtà assolutamente buona. Se però, questo dato di conoscenza ci percuote staccandoci dall’innocenza primordiale, esso arriva a lacerare la nostra anima aprendoci alla sofferenza dell’esistere, e proiettandoci in uno sfondo ove la possibilità della disperazione e quindi della morte spirituale, ci palesa sempre immagini devastanti che ci spingono a perdere la fede nella nostra esistenza: siamo quindi corrotti nel nostro intimo, nell’anima, nella radice del nostro essere, là dove trae linfa vitale la nostra esistenza.
La visione giudaica quindi, sviluppa una trama altamente drammatica che sfiora sempre la tragedia, cioè la totale disfatta dell’essere umano. Il peccato sarà superato, quindi sarà possibile ricuperare l’Innocenza perduta, attraverso il calvario della sofferenza, che si instaura attraverso il sacrificio estremo. Il sangue versato come un unguento miracoloso ricucirà la ferita nell’anima. E’ questo il senso del sangue di Cristo versato in remissione dei peccati.
La visione Taoista penetra la realtà al di là della coscienza duale e scorge il substrato che sostanzia l’essere. Non c’è peccato né colpa, l’innocenza è perduta a causa dell’illusoria visione dicotomica della coscienza, una visione che scaturisce dalla necessità ingenua di dare un ordine riconoscibile al mondo. Ciò che la coscienza percepisce dell’essere, la natura Ying e Yang come due forze in antitesi, è tale proprio per la struttura della coscienza che non riesce ad andare al di là di una conoscenza duale, antitetica. L’ordine che la coscienza stabilizza, e che erroneamente crede di vedere come realtà oggettiva, altro da sé, in effetti è una metafora della propria struttura e della propria natura. In effetti dato che la coscienza come tale nasce da un momento di distacco dall’oggetto essa porta dentro di sé tale momento che permea la sua sostanza. Quello che è dunque visto come dicotomia della realtà di cui ha coscienza, altro non è che l’eco della scissione da cui ha avuto origine la coscienza stessa.
Da questa diversa visione è estraneo il senso del dramma, poiché la scissione tra la coscienza e l’essere nella sua totalità non è avvenuto per una infrazione, ma per una fisiologica necessità conoscitiva.
L’innocenza quindi non è perduta, ma sospesa. Per ripristinarla è necessario innanzitutto conoscere il modo di conoscere, analizzare quindi la modalità del processo di conoscenza, ciò ci permetterà di uscire dalla dicotomia che ci traversa. Solo così è possibile ritrovare il nesso tra l’uomo e il tutto. Il Tao significa propria questo: trovare il senso giusto, quel senso che ci riconnette con la totalità dell’essere. L’innocenza è quindi la ricomposizione tra la trama della vita singolare e la trama dell’esistenza totale. Per fare un esempio possiamo citare quello che fa il contadino che seminana nella giusta stagione, egli sa quale è il momento in cui porre il seme, in quella particolare stagione egli connette il seme con le forze cosmiche che aiuteranno il piccolo seme nel suo divenire. Questa è la sapienza del Tao, capire quella connessione. Se il contadino seminasse in una stagione diversa il seme non crescerebbe. Per fare un altro esempio si può citare la prassi di vita di tanti giovani che sono spinti dalla cultura dominante a fare esperienza sessuali e emotive fuori tempo causando molti problemi di equilibrio psicoemotivo: essi hanno così perso l’innocenza, nel senso che fanno qualcosa che non è in sintonia col loro mondo vero, con la loro necessità autentica, sono diacronici con la loro anima. Ma non hanno perso l’innocenza in quanto hanno infranto una legge che impedisce loro di vivere la sessualità, piuttosto hanno infranto l’armonia tra la loro anima e la prassi del loro esistere (nel senso che a quel punto della loro vita non vi è la necessità evolutiva della sessualità), in ciò sta la perdita dell’innocenza. Ecco in questo passaggio è definita la differenza tra la visione giudaica dell’innocenza connessa al peccato e la visione taoista. La prima è più normativa la secondo più ontologica legata alle conseguenza sul piano profondo.

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