BY: Renato Barbruni

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Cercherò di mettere in evidenza la possibilità evocativa che il racconto fantastico possiede, sottolineandone l’importanza al fine dell’evoluzione della personalità.
Per meglio comprendere il punto di vista dal quale sviluppo la mia riflessione conviene che prenda le mosse dall’osservazione di un frammento del rapporto tra un osservatore e la cosa osservata. Per esempio il rapporto che intercorre tra l’osservatore e un dipinto; tra un osservatore e un tramonto a cui assiste; tra uno spettatore e il film proiettato; come tra un lettore e il libro che sta leggendo; o ancora tra un ascoltatore e il racconto che gli viene raccontato.
Ogni oggetto, sia esso un’immagine, un racconto o un altro evento posto di fronte ad un soggetto, provoca un’insieme di reazioni all’interno della realtà psicologica del soggetto. L’oggetto che penetra la realtà psicologica produce determinate conseguenze. Fondamentale, per la nostra riflessione, è considerare il fatto che tale oggetto interagisce con la complessità della realtà psicologica che lo ha accolto. Dobbiamo rammentare che la realtà psicologica è costituita da ricordi, vissuti, aneliti, desideri, sogni, pensieri, sentimenti, ecc. E va altresì rammentato che ogni dimensione della realtà psicologica ha una sua profondità e una sua distanza dalla coscienza. Di un determinato sentimento si ha una parte molto vicina alla coscienza, di cui quindi siamo a conoscenza, e altre parti più o meno distanti dalla coscienza, situate in zone sempre più profonde dell’inconscio. Le parti profonde di un sentimento hanno poche occasioni di essere rappresentate nella coscienza nel corso della nostra abituale esperienza quotidiana. Esse vengono più facilmente ri-suscitate in particolari momenti della nostra vita. Per esempio di fronte a situazioni esistenziali che possiedono una carica emotiva forte. Immaginiamo la notizia della morte di un conoscente che può risvegliare in noi un sentimento di cui prima non sospettavamo. Quella parte di sentimento era nascosta, inaccessibile alla coscienza, ma in seguito alla notizia della morte, con la forza evocativo che possiede l’evento “morte”, ecco che quella parte di sentimento rimasta celata ora si fa improvvisamente e impetuosamente presente alla nostra esperienza cosciente. A questo punto quel tal sentimento viene rappresentato nella coscienza e va ad ampliare quel sapere di noi che costituisce il fenomeno della consapevolezza.
Un certo oggetto può possedere una notevole capacità di penetrazione della realtà psichica profondo, e quindi può suscitare esperienza soggettive che variano di intensità a seconda della profondità raggiunta . Di un tale oggetto diremo che possiede una forte capacità evocativa.
Al contrario vi sono oggetti che non riescono a penetrare la realtà profondo della psiche, rimanendone in superficie. Di un tale oggetto diremo che possiedo poca forza evocativa.
Il grado della forza evocativa di un oggetto dipende molto dal soggetto percepiente, nel senso che un medesimo oggetto può avere molta forza evocativa se interagisce con un certo individuo, e non possederne affatto nell’interazione con un altro individuo.
E’ però interessante notare che vi sono comunque determinati oggetti che per loro natura possiedono una forza evocativa superiore, rispetto ad altri. Qual è questa natura diversa che li rende particolarmente evocativi? E’ il grado di compiutezza dell’oggetto. Più un oggetto è compiuto, definito, finito in se stesso, meno capacità evocativa possiede. In altri termini più l’oggetto è esaustivo, meno è evocativo.
Una lezione di chimica, per la sua intrinseca necessità di essere esauriente, quindi esaustiva, possiede meno forza evocativa della lettura di una poesia. In genere il linguaggio scientifico tende all’esaustività, mentre il linguaggio artistico tende alla evocazione. L’uno ha come finalità la definizione dell’oggetto, l’altro ha come finalità l’esperienza dell’oggetto. Possiamo dire che l’uno è un modo di conoscere dal di fuori, l’altra è un modo di conoscere dal di dentro. Attraverso il linguaggio metaforico-simbolico-esoterico della fiaba, il lettore -in quanto soggetto che patisce un’esperienza – è guidato all’esperienza dell’oggetto, dato che l’oggetto ri-trova espressione di sé nella realtà interiore del soggetto-lettore. Ed è questa possibilità che fa si che la fiaba sia una delle espressioni letterarie più adatte a interagire con la realtà profonda del bambino.

Chiavi di lettura simbolica di alcune favole

POLLICINODall’esperienza di genitori inadeguati si apre la voragine verso l’ombra del genitore: l’orco divoratore è Saturno, Crono, Urano che mangia i figli. L’emancipazione avviene con il ritrovamento della capacità di decidere e di agire a cui il bambino approda e liberandosi della dipendenza dai genitori. Quindi la Personizzazione dell’esperienza e dell’azione

BIANCANEVE
L’ombra della madre, il lato oscuro del femminile, con l’invidia della purezza e della bellezza, la non accettazione del trascorrere del tempo. Il dubbio sulla natura della propria identità; la scoperta del tesoro interiore.Il sonno interminabile e l’attesa del tempo dell’amore

CAPPUCCETTO ROSSO
L’ombra del proprio IO che fagocita il senso e la trama della vita: la pulsionalità agita nell’immediatezza.

MI E IL DRAGO GIALLO
Favola cinese L’ombra della vita; il lato oscura della legge della vita; la paura della paura che porta il bambino a chiudersi al nuovo mondo che si prospetta dinnanzi a lui, la paura della solitudine e della incapacità supposta di non essere in grado di farcela da solo, cioè in prima persona.

I mostri, le paure e i vissuti di estraneazione

I mostri e gli incubi delle notti insonne dei bambini appartengono allo scenario dell’immaginario interiore. Sono creature che provengono dalla oscura realtà interiore dell’anima. Per cercare di capire il movente e il significato di tali presenze è bene ricordare quale sia la situazione esistenziale in cui si trova calato il bambino. Parliamo del bambino fino ai 5 o 6 anni e fin su verso i 9 o 10 anni. Mano a mano che il tempo passa, che il soggetto sviluppa la sua appartenenza sociale e sviluppa la sua personalità, tali fantasmi – nel vissuto interiore così come appare nei sogni o nelle fantasie – tendono a diminuire. Questo per varie ragioni. Prima però dobbiamo comprendere il perché di tali presenze e il loro significato, allora ci sarà più comprensibile il motivo per cui con il tempo esse sfumino nell’immaginario interiore della coscienza del bambino. Si badi che viene qui usato il termine “sfumare” il che vuol dire che tali presenze non si cancellano, né scompaiono, ma, appunto, “sfumano”, nel senso che rimangono presenti ma con un grado di accentuazione minore.
Il bambino si evolve. Questo processo si sviluppa sulla spaccatura delle forme raggiunto; ciò provoca un vissuto di instabilità interiore, da cui emerge l’idea della mostruosità di se stessi ( in quanto la forma è percepita così mutevole da non riconoscere in essa le regole della forma bella che è stabile). Tutto ciò genera lo spavento nel sentirsi muovere dentro una forza che sprigionandosi muta tutta la realtà, sia quella percepita che quella agita.
Quindi la presenza di immagini terrificanti rimanda alla sperimentazione soggettiva di un movimento che dall’interno spinge verso la modificazione della struttura interiore della personalità. Naturalmente i singoli personaggi che costellano l’immaginario terrifico del bambino sono portatori di un particolare valore simbolico che va valutato di caso in caso.

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