BY: Renato Barbruni

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Il mito, inteso come narrazione di gesta di personaggi eroici, rappresenta, nel pensiero junghiano, il presentarsi al livello della coscienza collettiva della trama della realtà profonda che non avrebbe altrimenti modo di essere percepita. Il mito è la manifestazione per immagini delle strutture atemporali, gli archetipi, dell’inconscio collettivo. Il mito inoltre ha acquistato, nello sviluppo del pensiero junghiano di Silvia Montefoschi, la rappresentazione, o la metafora, di accadimenti nel divenire dell’essere. Nel mito, come nella leggenda e nella favola, è la psiche stessa profonda che si narra, racconta di sé, o meglio si dispiega in quella narrazione. Il materiale mitologico non è quindi da spiegare ma da ascoltare. Vi è una differenza fondamentale tra la nozione di “spiegare” e la nozione di “ascoltare”. Spiegare in ultima istanza vuole dire ricondurre un certo fenomeno a un significante che lo renda significativo, ma questa operazione appiattisce la realtà a ciò che già si conosce di essa; l’ascolto equivale invece a una sorta di contemplazione della cosa atta a far sì che da essa io tragga una dimensione non prima conosciuta.
In questa sezione partendo da questi presupposti verranno presentati vari elementi mitologici presenti nella nostra realtà contemporanea, e discussi alla ricerca del loro valore evolutivo.
Gli autori da cui si trarrà ispirazione oltre a Jung sono Silvia Montefoschi e James Hillmann che rappresentano i due più importanti continuatori del pensiero junghiano. Essi sono gli autori che più hanno contribuito allo sviluppo dell’opera speculativa di Jung.

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