BY: Irene Barbruni

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Dark water
di W. Salles (USA, 2005)

Un film di Walter Salles. Con Jennifer Connelly, Ariel Gade, John C. Reilly, Tim Roth, Dougray Scott, Pete Postlethwaite, Shelley Duvall, Jennifer Baxter, Linda Emond. Genere Horror, colore, 105 minuti. Produzione USA 2005.
Note: remake del film giapponese “Acqua scura” diretto nel 2002 da Hideo Nakata

Tutto il film si svolge in ambienti grigi e tetri come grigio e tetro è il mondo interno della protagonista, una madre preda delle sue paure e delle sue insicurezze. Dahlia Williams porta dentro di sé il ricordo di una madre terrificante incapace di prendersi cura di lei e che addirittura si dimentica della sua bambina. All’inizio della storia Dahlia ha appena divorziato e non agevola le pratiche per l’affidamento congiunto, anzi cerca una casa lontano dal marito, un marito che le ricorda che non può essere in grado di occuparsi da sola della figlia Ceci, una bambina intelligente con spiccate capacità intuitive, qualità che possedeva anche Dahlia quando cercava di consolare la mamma alcolizzata. L’incubo peggiore di Dahlia è di essere come la madre e non essere in grado di occuparsi di Ceci.

L’incertezza in cui è messo lo stesso spettatore ci fa’ comprendere la confusione, la paura e la paranoia che caratterizzano questo personaggio. Infatti è difficile afferrare cosa è reale e cosa non lo è; è difficile capire quali siano le ragioni della rottura del matrimonio e se ciò di cui è convinta Dahlia sia vero. Tra le righe dei dialoghi tra i due coniugi sembra che le accuse della moglie nei riguardi del marito, che è secondo lei un padre non presente e che le ha abbandonate per un’altra donna, non siano reali. La proiezioni dei suoi fantasmi sulla figura del marito è più evidente verso la fine del film quando Dahlia è convinta che sia il marito a provocare gli allagamenti per spaventarla e farla apparire una persona squilibrata.

Mentre all’inizio Alice vive una genitorialità distaccata e mediata da altre figure, tipiche di una famiglia benestante, alla fine della storia riscopre finalmente un modo di essere madre più consona alla sua personalità. Infatti, anche nel piccolo appartamento in cui decide di vivere con i suoi figli è più vicina a loro.

L’acqua scura del titolo è l’acqua che penetra dal soffitto e tormenta Dahlia. L’acqua è il simbolo più ricorrente dell’inconscio, come dice Jung: “Chi guarda nello specchio dell’acqua vede per prima cosa, la propria immagine” (Gli archetipi e l’inconscio collettivo, 1976 Bollati Boringhieri, p.19). Sullo specchio è riflesso ciò che siamo, ciò che sta dietro la maschera che mostriamo agli altri e spesso anche a noi stessi. Dahila affronta una grande prova di coraggio e attraverso questo incontro con le acque scure affronta simbolicamente i fantasmi della propria vita interiore.

La tipologia di conoscenza è prima ingenua e mediata dalla visione della figura di riferimento che è il marito, ma in un secondo tempo la protagonista ritrova un’autentica e personale conoscenza delle cose. Anche l’aspetto spirituale, che è prima tradito e poi ritrovato, consiste nel dedicarsi ad una vita più autentica e dedita agli altri.

Il mistero che sta dietro ai fenomeni di acqua scura che penetra dalle vecchie tubature è poi svelato. Nel palazzo vive il fantasma di una bambina che è stata dimenticata dai genitori ed è morta annegata (il passato di Dalhia che diventa presente, un presente in cui lei non è più la bambina ma la madre). Dahlia andrà in fondo alle acque scure e riporterà a galla la verità. Ceci fin dall’inizio comunica con questa bimba ossia comunica con la parte più profonda dell’inconscio della madre.

Dahlia alla fine recupererà il rapporto con se stessa e con il marito abbandonando le paranoie che la discostavano dalla realtà. Sta per separarsi da quel palazzo vecchio e decadente, ma prima ha un’ultima prova da affrontare. Per frenare la furia omicida della bambina che si scaglia contro la figlia perché vuole l’affetto che le è stato negato, Dahlia sceglierà di rimanere con la bimba abbandonata. Sceglie quindi di accogliere finalmente dentro di sé quella bimba ferita ed essere una madre presente che genera vita; salva Ceci diventando una persona che ha avuto il coraggio di affrontare i suoi fantasmi interiori e superarli.

“Le acque nere della morte sono acque di vita, la morte con il suo freddo amplesso è il grembo materno, come il mare che pur inghiottendo il sole, lo ridà alla luce traendolo dal suo grembo materno. La vita non conosce morte…”,
(Simboli della trasformazione, Jung, Bollati Boringhieri1970, p. 219).

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