BY: Renato Barbruni

Solaris
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SOLARIS
di Steven Soderbergh
Interpreti: George Clooney, Natascha McElhone
Anno di produzione 2002

Film dalla narrazione lenta, falsamente fantascientifico.. Questo è più un film che vuole indagare sulle immagini interiori dei personaggi. Solaris, il pianeta-anima che rende possibile la realizzazione delle immagini nascoste nel profondo della psiche, rappresenta la nostra capacità e il nostro anelito alla verità. Il protagonista si trova di fronte all’immagine della moglie morta suicida e all’idea che la causa della morte sia stata la sua incapacità a comprenderla. In effetti il vero dramma è la mancanza di fede dei due. Lei che si uccide quando è lasciata, e non ha la forza di attendere il ritorno o di sperare in esso, poiché manca in lei la fede nel suo compagno e in ultimo nell’amore. Il protagonista alla fine riuscirà ad andare oltre la ragione gettandosi nell’ignoto alla ricerca del suo amore. Come dire che l’amore lo si trova sostenendo un grande atto di fede oltre la ragione. Come dice il film “non ci sono risposte, ci sono decisioni”, in altre parole “la vita è composta da atti di fede”.

BY: Renato Barbruni

Lost in traslation
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LOST IN TRASLATION
L’amore tradotto
di Sofia Coppola
Interpreti: Bill Murray, Scarlett Johansson
Anno di produzione 2003

Un uomo maturo, attore in piena crisi di identità ed esistenziale, si trova a Tokyo per girare uno spot pubblicitario per una casa di whisky. Incontra una giovane appena sposata e anch’essa immersa in un profondo disagio esistenziale. Simpatizzano cercando un conforto che non trovano, ma non “fuggono” in una storia d’amore. Mantenendo fede al proposito di essere veri trovano il senso dell’amicizia pura e semplice, gratuita e senza pretese. Due anime che traversano il senso del vuoto nella metropoli giapponese che non è più giapponese ma una metropoli come tante altre,vuota perché piena di cose inutili all’anima. Significativo il fatto che la vicenda si svolga a Tokio e non a New York. Infatti la lingua incomprensibile ai protagonisti e la deformazione occidentalizzante dei giapponesi rende il tutto caricaturale. Così emerge con chiarezza la deformazione della vita quotidiana agli occhi dei protagonisti che troveranno nel senso innocente dell’amicizia un nuovo senso da percorrere, da cui trarre speranza.

BY: Renato Barbruni

La ragazza delle balene
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LA RAGAZZA DELLE BALENE
WHALE RIDER
di Niki Caro
Interpreti: Keisha Castle-Hughes
Anno di produzione 2002

Film antropologico dall’atmosfera poetica della favola moderna. Il popolo dei Maori ha perduto l’identità e con essa vacilla nell’individuo maori la dignità soggettiva (la perdita della identità di popolo o culturale produce come primo effetto la disgregazione della realtà personale ed il soggetto si trova smarrito a causa della perdita di quei punti di riferimento che costituivano l’ossatura della sua personalità). Nel mito, di cui si parla nella storia del film, un ragazzo cavalcando un balena avrebbe condotto il popolo maori fuori dall’oscurità, come avvenne già in tempi lontani.E’ interessante notare il tema archetipico del salvatore, del messia,presente in molte culture. Tema che si collega direttamente e si ri-attiva con la decadenza dell’anima collettiva (il tessuto culturale di riferimento accennato sopra). La storia si sviluppa attraverso la coscienza della protagonista che sente (intuisce) in sé le stigmate dell’eletto (il salvatore, il messia che conduce il popolo alla liberazione dall’oscurità). L’essere “femmina” non permette al vecchio nonno (depositario della memoria del suo popolo) di “riconoscere” in lei l’agognato Salvatore. Altro aspetto interessante questo in quanto spesso il mito si presenta in una forma diversa rispetto a quella in cui viene tramandata.Gli uomini si ingannano quando inconsapevolmente cristallizzano le loro conoscenze e le identificano in una particolare forma: del mito va colto il senso al di là della sua forma. Errore in cui incorre Giuda che non riconoscendo in Gesù il liberatore, il salvatore, – in quanto pensa ad una liberazione dal giogo degli stranieri che dominavano il suo popolo -. La Liberazione cui si rivolge Gesù è la liberazione dal peccato, dall’oscurità in cui l’anima è imprigionata.

BY: Renato Barbruni

Dolls
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DOLLS
di Takeschi Kitano
Interpreti: Miho Kanno, Hidetoshi Nishijima
Anno di produzione 2002
Genere: romantico surreale

La fede, l’affidarsi all’amore è il tema dominante di questo bel film. Lo stile surrealista e magico, ma semplice, si sviluppa sulla trama di alcune vicende legate al tema dell’amore. I due innamorati, dalla sguardo rapito che camminano verso un punto ignoto legati da una corda rossa,rappresentano molto bene il legame misterioso dell’amore che unisce i due e li spinge come marionette lungo la via dell’esperienza di Amore. Tra l’altro il film inizia propria con le marionette della cultura giapponese.
E’ ancora l’Amore che agisce dentro le persone e le muove verso la propria realizzazione: la donna che attende per anni su una panchina il suo amato ogni sabato, mentre il suo amato, che l’aveva abbandonata, senza di lei – senza la sua anima – si è perduto nei mille rivoli del mondo diventando un assassino. Oggi l’uomo, potente e ricco, scorge dentro di sé una frattura, un vuoto incolmabile, e spinto da un cieco e irrazionale desiderio (quindi non motivato agli occhi della coscienza), va in quel parco, a vedere quella panchina dove anni prima aveva lasciato la donna-anima della sua vita, e lì, miracolo, la ritrova così come l’aveva lasciata.
Ancora Amore guida il giovane innamorato della cantate ricca e famosa, e quando lei subisce un incidente e perde la sua bellezza, e si nasconde al mondo, lui si fa cieco per poterla incontrare adattandosi alla volontà di lei di non esser guardata.
Il mistero dell’amore come guida della vita è ben raffigurato in questo film per certi versi inquietante (poiché ciò che ci inquieta è proprio la consapevolezza di non riuscire a controllare la realtà) dal finale misterioso ma stupendo: i due innamorati legati dal filo rosso dell’amore sono sospesi sul mondo illuminato da un sole nascente: l’alba dell’era di Amore.

BY: Renato Barbruni

Il velo dipinto
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IL VELO DIPINTO
di John Curran
Interpreti: Naomi Watts, Edward Norton, Liev Schreiber, Diana Rigg, Toby Jones, Shihan Cheng
Anno di produzione 2006, durata 125′
Genere: drammatico

Un giovane medico si innamora di una giovane dal carattere intraprendente. Lei non lo ama ma deciderà di sposarlo per uscire dalla sua famiglia, sentendosi ormai di peso, e per adempiere ai desideri del padre e della madre nel volerla vedere sposata. Siamo nell’Inghilterra del 1920. Una storia quasi banale nel suo esordio. Quante donne si sono sposate per emanciparsi, per essere libere dalla propria famiglia; quante donne hanno ritenuto che il matrimonio fosse la navicella che le avrebbe portate nella terra promessa. Le donne hanno sempre creduto nel matrimonio, come oggi credono nella relazione con un uomo. Salvo poi disilludersi nel naufragio verso la banalità della vita quotidiana, dove esse vengono spinte verso un ruolo materna, di servizio al proprio uomo. Il sogno di creare la “relazione” svanisce quando il sole della realtà maschile, ancora caldo ma assolutamente monotematico, illumina solo le cose più visibili, lasciando in ombra le realtà più sottili, vale a dire, i sentimenti più profondi che albergano nell’anima millenaria della speranza femminile.
La trama del film si snoda seguendo l’idealità dell’uomo. Il marito è un batteriologo, e la sua ricerca lo porta in Cina per lo studio delle malattie infettive. Lei, annoiata da quella vita ma soprattutto non innamorata del marito, cede alla lusinghe di un rapporto con un uomo che ai suoi occhi appare affascinante e finalmente in sintonia con il suo sentire. Si rivelerà l’ennesima delusione. Il marito scopre la relazione, e parte per l’interno della Cina a debellare una epidemia di colora: la moglie è costretta a seguirlo. E sarà proprio lì che, in quella estrema landa della vita, dove la morte, presenza quotidiana, diviene il metro attraverso cui misurare la dimensione del proprio spirito, lei, ma anche lui, ritrovano il sogno di un amore sconosciuto e misterioso. Una nuova dimensione dell’anima si dispiega alla loro coscienza; attraverso di essa vedono finalmente chi realmente essi sono. Allora non fu un errore il loro incontro, l’amore li aveva posti uno di fronte all’altro a dispetto della coscienza che per lei, dettava lusinghe di immagini maschili fuorvianti, e per lui l’immagine di una donna che non trovava più nella sua sposa. E qui incontriamo il senso del titolo: Il velo dipinto: c’è un velo tra la coscienza e la realtà, un velo su cui sono dipinte le nostre illusioni che ci ingannano mostrandoci mete fuorvianti.

BY: Irene Barbruni

Insomnia
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INSOMNIA
di Christopher Nolan
Interpreti: Al Pacino, Robin Williams, Hilary Swank, Nicky Katt, MauraTierney.
Anno di produzione 2002, durata 118′
Genere: Thriller

Film trillher, ma come spesso accade nel cinema americano questo genere è lo scenario adatto per un viaggio nella zona d’ombra della nostra anima. In questo caso il protagonista, il tenente Dormer (Al Pacino), si imbatte nell’oscuro personaggio che da sempre alberga nella sua anima, il criminale che con lui vorrebbe stipulare un accordo: subdolamente insinua nella coscienza di Dormer l’idea che infondo loro due sono uguali. Dormer aveva causato la morte di in collega che stava per testimoniare circa i modi illegali da lui usati in varie indagini. Si verrà a sapere che un caso, in particolare, agita le notti e i sogni di Dormer: l’arresto di un pedofilo per il quale si avevano prove schiaccianti, ma il poliziotto, forzando le prove, aveva messo del sangue della vittima nella casa dell’indagato, facendolo condannare senza alcun dubbio legale. Il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il legale e l’illecito si mescolano creando una alchimia pericolosa. Solo pochi riescono a decifrare così bene le regole celesti da rimanere incontaminati dalla contiguità con il male. Questa promiscuità, tra legalità e illegalità, provoca alla lunga, nella coscienza del tenente, il sospetto della propria immoralità, giungendo a ritenere che forse non è stato un incidente a causare la morte del collega, che forse è proprio lui ad averlo ucciso. Il dialogo quindi tra Dormer e l’assassino, che sta braccando (R. Williams), è la drammatica resa dei conti con se stesso. Dormer ha perso il senso della sua innocenza, e della sua purezza d’animo, e dalla continua mescolanza col crimine si sente contagiato dai lati oscuri della sua personalità. Lo scenario in cui si svolge la vicenda non è casuale. Siamo in Alasca, in un eterno giorno, dove il sole non cala mai. Il solo è proprio la coscienza solo razionale inadeguata a dar ragione al senso della vita, ma implacabile con i suoi giudizi basati sul dubbio, che quando diviene unica prassi del pensare, agisce per distruggere ogni intuizione autentica di verità.
Il film giallo americano tocca alle volte vette molto elevate, dove la metafora della storia è squisitamente sviluppata dalla bravura di attori dalla interpretazione complessa, come in questo caso. Tutto questo fa di quel genere una vera opera d’arte.

BY: Renato Barbruni

Breve incontro: l’inquietudine di un amore impossibile
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BREVE INCONTRO: l’inquietudine di un amore impossibile
Brief Encounter di David Lean
Interpreti: Celia Johnson, Trevor Howard, Cyril Raymond, Stanley Holloway
Anno di produzione 1945, durata 86′
Genere: Sentimentale

Il film racconta la storia di una relazione extraconiugale tra Laura, sposata con due figli, e Alec anch’egli sposato con figli. Il travaglio di un amore sbocciato alla stazione dei treni è vissuto in mezzo a sensi di colpa e turbamenti. Il film è reso molte bello dalla musica del concerto n. 1 per pianoforte e orchestra di S. Rachmaninov, e dalla sublime regia di David Lean.

Dialogo da “Breve incontro”

Lui- “Amore ti ho cercato dappertutto”
Lei- “Ti prego lasciami.”
Lui- “Non poso lasciarti così”
Lei – “Vattene, ti prego”
Lui – “Non essere ingiusta, è per puro caso che è tornato prima, non sa che tu sia” (L’amico di lui che aveva prestato l’appartamento del loro incontro).
Lei – “Avrete parlato di me.”
Lui – ” Non abbiamo parlato di te, ma di una creature senza nome e irreale:”
Lei – “E perché non glia hai detto chi ero, che siamo vili, e volgari …”
Lui – ” Ma niente affatto. Noi siamo certi di amarci, questo e vero, è solo questo che conta …”
Lei – ” Non è vero, non c’è solo questo, c’è anche dell’altro … rispettare se stessi … così non posso più continuare…”
Lui – ” Potresti davvero dirmi addio e non rivedermi più?”
Lei – ” Si, se tu mi aiuti.”
Lui – ” Io t’amo Laura, e ti amerò sempre, finché avrò vita, non poso guardarti, non ne ho la forza, so che questa è la fine, non del mio amore per te, ma della nostra avventura; ma non subito, amore, ti prego, non ora. So quel che hai sentito stasera, il senso di sordido che provi. Mi manca lo sforzo di vivere separati l’uno dall’altra, e poi il senso della colpa provato per il dolere inflitto agli altri , un prezzo troppo alto per la felicità intravveduta.”

Un amore sofferto tra un uomo e una donna, sposati entrambi che vivono su di loro il dolore che infliggono ai rispettivi coniugi. Spesso l’amore si trova imbrigliato dentro situazioni conflittuali: la felicità propria e il dolore recato agli altri. Sembra un paradosso, poiché chi ama non può essere capace di portare dolore, mentre nella realtà della vita accada anche questo. Il film da cui è tratto questo dialogo “Breve incontro” è del 1945. I due personaggi sono collocati all’interno di una cultura dove la separazione e il divorzio, pur essendo legali (il film si svolge in Inghilterra), sono comunque percepiti in modi sinistro. Oggi le cose sono diverse, le persone si separano, si lasciano con meno senso di colpa; la cultura è cambiata, ma ciò che non è cambiato consiste nel dolore che accompagna le persone che si lasciano: soffre chi è lasciato e soffre che lascia. Il senso di colpa nasce dal dolore che una persona infligge all’altra andandosene. Spesso accade che le persone permangano nella relazione per molto tempo senza trovare il coraggio di rompere il legame. Ciò è dovuto a tanti motivi non escluso il profondo rincrescimento di recare dolore. L’amore passa così attraverso la purificazione della sofferenza. Quel tempo trascorso a cercare di proteggere la persona che si lascia non è un tempo sprecato, ma un modo di completare un percorso d’amore e di evoluzione personale che porta a compiere l’atto doloroso nell’umiltà. Tutto allora potrà essere completo, concluso. Infondo le persone cercano di esser in pace con se stesse.

Questo dialogo tocca un’altro aspetto. Laura, in seguito all’improvvisa venuta dell’amico di Alec si sente sporca: quell’incontro, in quell’appartamento, che sarebbe sfociato nell’intimità, la fa sentire volgare. E qui c’è uno degli equivoci che subdolamente si intrufolano nelle relazioni. La tensione erotica sembra divenire l’unica realtà causale dell’incontro. Spesso sono gli uomini che si lasciano intrappolare dalla visione per la quale la sessualità sia il movente di ogni incontro di due persone. Questo è un problema culturale. In ciò consiste il vero pericolo della relazione, poiché lentamente ma inesorabilmente la squalifica. I due smettono di cercare l’incontro di anima, per uniformarsi all’ideologia dominate per cui, infondo l’amore è una unione di corpi. Vi sono desideri che si fermano al puro piacere fisico, ma quando subentra l’amore sono le anima che si cercano attraverso il corpo. Spesso l’incapacità di affrontare ciò che l’amore pone come questione fondamentale, quella di mutare la propria vita, sfocia in una caduta etica della relazione, la quale viene schiacciata sulla sola dimensione sessuale.

BY: Irene Barbruni

Hannibal Lecter – L’origine del male (nuova recensione)
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Hannibal Lecter
di P. Webber (Francia, GB, USA,2005)

Regia: Peter Webber. Interpreti principali: Gaspard Ulliel, Gong Li, Rhys Ifans, Kevin McKidd, Dominic West, Richard Brake, Stephen Walters, Ivan Marevich, Goran Kostic. Genere Drammatico, colore, 117 minuti. Produzione Francia, Gran Bretagna, USA 2007.

Il film racconta le vicende del giovane Lecter, il famoso serial killer-cannibale, personaggio creato da T. Harris e interpretato magistralmente da A. Hopkins nei film precedenti.

Lecter nasce in Lituania prima della Seconda Guerra Mondiale da una ricca famiglia aristocratica. Durante la guerra vive l’orrore di vedere i genitori morire sotto un attacco e si ritrova solo con la sorellina di nome Mischa. I due bambini rimangono nel casale dove la famiglia si era rifugiata per sfuggire ai soldati e Hannibal si prende amorevolmente cura della sorellina. Dopo pochi giorni un gruppo di disertori tedeschi irrompono nel casale e tengono in ostaggio i due bambini. La scarsità di cibo induce il gruppo di uomini ad uccidere e mangiare la bambina. Hannibal riuscirà a fuggire e viene rinchiuso in un orfanotrofio sorto proprio nella sua vecchia casa. Lecter è qui ormai un giovane adolescente che si difende dalle crudeli angherie dei compagni manifestando già una freddezza particolare nel suo modo di farsi giustizia da solo.

Nella vecchia camera della madre ritrova delle lettere di uno zio e fugge per andare a cercarlo a Parigi dove troverà la zia giapponese ormai vedova, Lady Murasaki Shibuku, che lo accoglie nella sua casa. Anche Lady Murasaki ha vissuto il terribile dolore di perdere i suoi cari e comprende la sofferenza che devasta il giovane Lecter. Un giorno ad un mercato un macellaio molesta Lady Murasaki e Hannibal, non sopportando tale ingiustizia, riserva all’uomo una morte dolorosa mettendo in pratica le tecniche di lotta giapponese insegnate dal Lady Murasaki. La zia aiuta Hannibal quando l’Ispettore di polizia sospetta di lui; lo protegge perché comprende la rabbia che muove le sue terribili azioni e spera ancora che possa superare questa sua pulsione ad uccidere. Una pulsione che deriva da una propensione a combattere fuori di sé il dolore devastante che vive all’interno della propria anima.

In seguito si trasferiscono negli USA, affinché Hannibal possa studiare medicina, dove comincia la sua vendetta: Lecter uccide chi ha mangiato la sorellina. La zia cerca di persuadere Hannibal a non uccidere chiedendogli di risparmiare almeno il padre di una bambina, chiedendogli quindi di salvare la parte innocente che è dentro di lui, ma la sua furia è troppo grande. Il senso di potenza che cresce mentre uccide quegli uomini placa i tumulti interiori che in questo modo sono sotto controllo.

I propri incubi notturni prendono corpo negli uomini indegni che lui incontra e che vuole sterminare: è meno devastante quando riusciamo a dare un volto al male che ci logora dentro. La scena in cui sta uccidendo uno degli assassini della sorella e questi gli rivela che lui stesso ha mangiato la bambina, senza saperlo, è la scena che segna una sorta di non ritorno al bambino innocente Hannibal Lecter libero dai propri istinti carnefici. L’endocannibalismo sarebbe l’atto di mangiare i cadaveri dei propri morti e non quelli del nemico.

“Il risultato apparente dell’endocannibalismo è quello di una totale integrazione tra morti e vivi, dal momento che questi ultimi assorbono i primi: ma si tratta soltanto di un’apparenza. In realtà, l’endocannibalismo porta all’apice la separazione tra vivi e morti, nel senso che i primi, mangiando gli altri, pervengono addirittura a privarli di quell’estremo ancoraggio nello spazio che sarebbe rappresentato da una tomba: non resta più alcuna possibilità di contatto gli uni e gli altri” (Dizionario delle Mitologie e delle religioni di Yves Bonnefoy, Bur Dizioni Rizzoli).

L’unica parte di Lecter legata ai sentimenti, che affiorava alla coscienza attraverso gli incubi, in quel momento è morta come anche l’amore tenero per la sorellina, che in qualche modo dava un senso alla sua furia omicida, perchè anche lui è ormai solo un feroce assassino. Ciò che caratterizza questo personaggio non è una non distinzione tra bene e male ma una totale assenza di empatia nel dolore dell’altro e un freddo calcolo secondo cui chi non è degno può e deve essere giustiziato.

Quando Hannibal rivela l’amore per Lady Murasaki lei sa già che la parte di Lecter capace di amare è ormai assopita: quella parte è morta con la sorellina, l’odio l’ha consumato fino a farlo diventare il male che divora se stesso. Il personaggio di Lecter ha assorbito come una spugna la sete di morte e di vendetta degli uomini incarnando un male spietato.

BY: Irene Barbruni

I diabolici
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I diabolici

Titolo originale Les diaboliques
Regia Henri-Geoeges Clouzot
Sceneggiatura Henri-Geoeges Clouzot, Jerome Germini, Renè Masson, Frederic Grendel
Interpreti Simone Signoret, Paul Merisse, Vera Clouzot
Durata 110’
Musiche Georges Van Parys
Fotografia Armand Thirard
Paese, Anno Francia, 1954
Produzione Henri-Geoeges Clouzot
Note: Adattamento di un romanzo di Boileau-Narcejac. Remake nel 1996 di Jeremiah Chechik, con Isabelle Adjani e Sharon Stone.

Cristina e il marito Michel Delassalle dirigono un collegio per ragazzi di proprietà della donna. Il signor Delassalle è un uomo autoritario, arrogante e violento e la moglie, malata di cuore, sopporta i continui soprusi fisici e psicologici del marito senza trovare mai il coraggio di chiedere il divorzio. La donna trova però un’alleata, un’insegnate della scuola, Nicole, amante dell’uomo, che non intende più subire le sue violenze. Quet’ultima propone a Cristina di uccidere l’uomo simulando un incidente nella piscina del collegio e la donna, esasperata dal comportamento del marito, accetta. Ma il cadavere pochi giorni dopo non si trova più.

Cristine è una donna colta che ama il suo lavoro e non dipende economicamente dal marito, ma da esso è ugualmente soggiogata. Non a caso la protagonista è malata di cuore: porta dentro di sé una ferita, lasciata da un maschile distruttivo e fortemente negativo. La protagonista è priva di una parte positiva di maschile che le possa dare la forze di esprimere se stessa senza lasciarsi distruggere. Per ribellarsi all’uomo si allea con una donna che rappresenta un femminile falsamente emancipato. La vera morte del lato ombra non può avvenire se è ancora presente un femminile non pienamente cosciente di sè. L’amore che la lega all’uomo è qui un amore “malato” che non conduce all’evoluzione del Sé ma ad una sofferenza che schiaccia la sua soggettività.

Dopo aver ucciso il marito e in seguito agli eventi strani che si presentano (il vestito che indossava il cadavere lavato e pulito, il bambino che riferisce di essere stato punito dal direttore) Cristine emerge, nella sua interiorità, un aspetto di forza e di ribellione agli eventi. Il personaggio che incarna questo lato della personalità della donna è l’investigatore rappresentante un nuovo maschile che porta la razionalità e la capacità di far luce su ciò che è successo (Logos). L’investigatore sa osservare la situazione senza lasciarsi condizionare dalla paura. La protagonista è troppo invasa dal senso di colpa per poter ragionare lucidamente e non crede al ragazzino che dice di aver visto il direttore, ossia non crede al lato intuitivo di se stessa, che riesce a vedere ciò che con gli occhi non può essere visto.

Alla fine la protagonista recupera questo lato di se stessa e comincia la guarigione del cuore, ossia la guarigione di quel punto della personalità dove sentiamo la verità.

BY: Irene Barbruni

The Hole, di Nick Hamm (GB, 2001)
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The Hole

Regia Nick Hamm
Sceneggiatura Ben Court, Caroline Ip
Interpreti Thora Birch, Desmond Harrington, Keira Knightley, Embeth Davidtz
Durata 102
Montaggio Niven Howie
Musiche Clint Mansell
Fotografia Denis Crossan
Paese, Anno Gran Bretagna,2001
Produzione Cowboy Films, Film Council, Granada Film Productions, Impact Pictures, Le Studio Canal+, Pathé Pictures
Distribuzione Nexo
Note: Adattamento di un romanzo di Guy Burt, After the Hole, il film, nato da un difficile parto (di 7 anni!)

Due ragazze e due ragazzi, studenti di un’esclusiva scuola inglese, decidono di boicottare la gita scolastica e passare un week end “alternativo” in un buco che conduce ad un sotterraneo.

Nella prima scena del film c’è lei, l’unica sopravvissuta, che cammina stremata, sanguinante e sporca verso la scuola deserta. Arriva ad un telefono, chiama il pronto intervento ed emette un urlo lacerante.

Due sono le verità su quello che è accaduto nel buco: la versione dell’unica sopravvissuta e quella del presunto maniaco che avrebbe rinchiuso i quattro in quella trappola.

I due temi principali del film sono: il buco che rappresenta simbolicamente il lato oscuro della nostra anima che si trasforma in puro orrore e il tema della passione che può spingersi fino a sconfinare nella pazzia.

La macchina a mano della prima scena e il respiro di Liz, che corre sporca e barcollante in una scuola deserta, pongono lo spettatore dentro la sofferenza penetrante della protagonista che diventa immediatamente vittima ai suoi occhi come di fronte alla psicologa che nel film la ascolta. La storia della tragedia è vista attraverso il racconto della protagonista fatto di flashback; la suspense è giocata sulla scena di uno spazio claustrofobico e buio, ripreso con squarci di luce che trafiggono la notte come le torce elettriche.

Il film si muove su due ambientazioni diverse: la scenografia gotico-oxfordiana del campus e il buio del sotterraneo; ed è forte la contrapposizione tra il colore e l’oscurità. Un mondo superficiale e luminoso fatto di gioventù che ha voglia di divertirsi: sotto tutto questo però c’è un lato oscuro, un buco che inghiotte i quattro ragazzi rendendoli prigionieri e schiavi della loro stessa voglia di trasgressione ed evasione.

Thora Birch (la ragazzina di American Beauty) esce dopo 18 giorni di prigionia in un sotteraneo sporca e sotto-shock. La protagonista riveste la doppia immagine di angelo e demonio ma, in entrambi i casi è una ragazza follemente innamorata. E’ infatti per l’amore non corrisposto per un ragazzo che la tragedia ha inizio.

“Lui era la ragione per cui respiravo, sono rimasta lì ad ascoltare il mio cuore che moriva e la mia anima che sanguinava…desideravo talmente tanto stare con lui che avevo la sensazione di essere in cielo…poi ho pensato…almeno in questo modo non invecchierà mai, non mi tradirà mai, non mi lascerà mai…in questo modo sarà perfetto.”

Liz pronuncia questa frase verso la fine del film quando racconta il momento in cui il proprio amato muore dopo una serie di sofferenze inflitte proprio da lei, che giura di amarlo in un modo talmente profondo che nessuno può comprendere. Ma di che amore si tratta? Amore che diventa possesso e che fa tramutare l’altro in un oggetto, l’oggetto d’amore, che diventa schiavo dei propri desideri. La protagonista dice chiaramente che nel momento in cui il ragazzo che ama è steso a terra morto è finalmente perfetto, perché è finalmente gestibile. La ragazza fin dall’inizio del film tenta di catturarlo come fosse una preda, mai di conquistare il suo amore, ma cerca di metterlo sotto il suo controllo. Anche l’amica è usata come oggetto per arrivare ad un fine (vedi la scena in cui la ragazza sta vomitando ormai morente e Liz parla del suo bacio tanto atteso con il ragazzo dei suoi sogni). A volte la realtà è completamente diversa da ciò che pensiamo di vedere e l’amore può mascherare un lato oscuro e minaccioso.

Nel film i quattro ragazzi pensano che il nemico sia fuori ma in realtà è fra di loro, dentro il buco. Una metafora che simboleggia come spesso noi cerchiamo la ragione della nostra prigionia al di fuori di noi, ma la chiave per la nostra libertà è proprio dentro le nostre tasche.

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