BY: Irene Barbruni

Stress e malattia psicosomatica
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Non è semplice definire e spiegare il concetto di psicosomatica, in quanto è un termine complesso che ha diverse sfaccettature. Senza, quindi, avere la pretesa di esplorare la complessità di tale nozione cercheremo di riflettere sull’unità mente/corpo attraverso il punto di vista psicologico e in particolare attraverso il pensiero junghiano, tenendo ben presente che il concetto di psicosomatica attraversa più discipline (medicina, biologia, psicologia ecc..).

Partiamo dal concetto di salute e omeostasi del corpo, ossia l’assenza di malattia presuppone un equilibrio tra mente e corpo. Quando entriamo in contatto con un evento stressante l’equilibrio presente viene alterato e alle volte stravolto. La parola stress definisce la reazione dell’organismo ad uno stimolo che può essere sia di natura fisica che psichica. Lo stress di per sé è una modalità di adattamento dell’organismo che però può anche diventare esso stesso un fattore patologico. L’evento stressante porta ad un cambiamento e, quindi, la persona deve necessariamente ricreare un nuovo equilibrio. Dati sperimentali indicano che in molte malattie somatiche i ritmi biologici risultano alterati. In modo particolare assumono notevole importanza i bioritmi endocrini ed immunitari in quanto hanno una funzione di adattamento e di difesa.

Spesso quindi lo squilibrio generato da un evento nuovo della vita porta ad aumentare lo stato di stress e di inquietudine del soggetto. Se questo stato di cose alterato perdura può portare ad un evento patologico. Spesso noi cerchiamo di ritrovare una soluzione razionale agli eventi della vita, ma ciò non sempre è un metodo adeguato. Altre volte la capacità di trovare il significato simbolico di un evento ci aiuta a ristabilire l’equilibrio, portando beneficio. L’individuazione del simbolo ristabilisce l’equilibrio tra il mondo esterno e la realtà interiore del soggetto. Questo processo avviene attraverso i sogni nel sognare ed è per questo che si sogna. Un’altra facoltà, che tuttavia non viene usata spesso, è il pensiero trascendente, vale a dire la capacità di guardare la situazione problematica nel suo insieme (spesso implodiamo nei particolari) da un punto di vista più elevato, non solo quindi sul piano pragmatico: è questo il lavoro che si svolge durante l’analisi. L’esercizio di questa funzione/potenzialità aiuta a sviluppare uno strumento molto potente nel rapporto con la realtà nel suo insieme.

BY: Irene Barbruni

Il senso di fronte alla sofferenza
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L’uomo contemporaneo si considera un soggetto libero e autodeterminato, capace di gestire la propria vita, ma quando è posto di fronte ad un evento che ne limita di fatto il raggio di libertà torna a rivivere la situazione primordiale di sentirsi in completa balia dell’evento. Nel caso per esempio di una malattia il soggetto tende a percepirsi come una cosa, che tra l’altro è malata, e si trova amputato della possibilità di divenire, quindi si percepisce come un oggetto ormai determinato. La sofferenza può condurre verso la disperazione, oppure trasformarsi in una situazione esistenziale tale per cui la personalità ne viene investita e a sua volta trasformata.

In tanti momenti della vita, la capacità di tenere e di saper sopportare la sofferenza, può decidere le sorti di una persona, addirittura della sua vita. Questa dimensione soggettiva, entro cui il dolore è percepito, è costituita dallo sviluppo e dalle dinamiche della personalità, e da fattori culturali. Il lavoro psicologico tocca proprio questo aspetto: analizzare i fattori personali e culturali che non permettono al soggetto di vivere quel dolore autenticamente per quello che è. Se a quel certo episodio, causa di tanto dolore, riusciamo a togliere gli elementi di deficienza personale e di deformazione culturale, che sono gli aculei che amplificano la percezione del dolore, il soggetto potrà entrare in rapporto dialettico con la propria sofferenza e scorgere gli elementi euristici necessari alla propria evoluzione sul piano spirituale.

Nel libro “Uno psicologo nei lager”, Victor Frankl, medico recluso ad Auschwitz, racconta la sua esperienza in quella orribile situazione. L’osservazione di ciò che egli stesso come altri internati hanno vissuto, lo hanno convinto della decisiva qualità, tipicamente umana, di saper sopportare il dolore poggiandosi su un significato profondo della situazione patita.

Non tutti i soggetti però riescono a ritornare dal “mondo degli inferi”; infatti anche se un individuo può superare un grande dolore non è detto che abbia saputo trarre da tale esperienza le indicazioni per la sua evoluzione personale. Alcune persone rimangono intrappolate in un tale vissuto di precarietà da sviluppare un’idea negativa della propria vita. Questo vissuto depressivo è ben raffigurato nel mito di Orfeo in cui egli esce dagli inferi senza la propria amata e passa la sua esistenza a piangerne la morte.

Un’altra condizione esistenziale è espressa invece nel mito di Persefone e Demetra dove si approda ad una visione della vita in cui gioie e dolore sono come tasti bianchi e meri di un pianoforte che vanno a comporre l’interezza della vita. Anche se in questo caso un vero e proprio senso del dolore non è stato rintracciato, tuttavia è sviluppata una tale capacità di accettazione della sofferenza tale da rendere meno tragica la situazione vissuta. Ulteriori approfondimenti si trovano su www.ultimabooks.it dove sono disponibili in versione e-book i libri da cui sono state tratte queste considerazioni:”La ferita in seno” e “Logos e pathos, il senso della sofferenza“.

BY: Irene Barbruni

Le vacanze estive: il tempo dedicato al riposo
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L’abitudine di riposarsi, soprattutto nel periodo più caldo dell’anno, ha radici lontane e nel secolo scorso è stato anche sancito, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, dal diritto alle ferie retribuite (in Italia nel 1927 dalla Carta del Lavoro e successivamente dalla Costituzione).

Il periodo estivo è caratterizzato, al di là delle possibili e numerose eccezioni, da una pausa più o meno lunga dalla scuola per i bambini ed i ragazzi e dal lavoro per gli adulti. Spesso l”evasione” dalla propria città accompagna il momento del riposo in cui le persone sentono il bisogno di cambiare i propri ritmi e sperimentare una quotidianità differente.

Dal punto di vista psicologico, spesso anche solo l’idea delle vacanze aiuta a sopportare meglio lo stress della vita lavorativa. Sappiamo che oggi si lavora di meno rispetto ad alcuni decenni fa, ma si osserva una maggior correlazione tra lavoro, ansia e percezione di stress. Lo stress percepito dal lavoratore riguarda sia chi svolge un ruolo esposto, quindi percepisce l’impossibilità di far fronte a tutte le responsabilità a cui è sottoposto, sia chi ha un impiego meno impegnativo rispetto alle capacità individuali. Ecco che le vacanze, quindi il momento di “evasione” dagli impegni lavorativi, diventano maggiormente carichi di aspettative: il periodo di ferie diventa prezioso per sperimentare uno stile di vita differente che permetta di rigenerare corpo e mente.

Affinché sia un periodo di vero riposo rigenerante, occorre che si possa distaccare dalle solite modalità. In un’ era consumistica le vacanze sono certo distrazione dal lavoro, ma non dal consumismo; per cui anche durante le ferie le persone tendono infondo a fare le stesse cose, e ripetere lo stesso stile di vita. L’idea di un distacco la ritroviamo già in un testo antico come la Bibbia: “Il settimo giorno Dio si riposò”. L’anno sabbatico era proprio il settimo anno in cui era saggio cercare  una temporalità diversa, più rispondente alle esigenze delle spirito, meno vincolata dalla  prepotenza dei bisogni economici e materiali. Qui sta la differenza: la vera vacanza è proprio quella che tiene conto delle esigenze psicologiche e spirituali. Cercando quindi di ritrovare, nella meta e nelle attività che si svolgono, quelle esperienze di sé che aiutino a recuperare le energie fisiche, psicologiche e spirituali profuse nell’attività economica del lavoro. Quindi è saggio certo divertirsi spensieratamente, ma lo è ancor di più cercare di ritrovare il proprio centro, altrimenti la vacanza diviene un altro tempo entropico, cioè un tempo che disgrega la personalità.

Quindi buon divertimento e buon riposo nella misura e nella ricerca del proprio equilibrio.

BY: Irene Barbruni

Rapporto di coppia: unione, gelosia e reciproca conoscenza
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Solo attraverso un rapporto che diventa progressivamente più intimo si rivelano parti della persona altrimenti occultate. Quando un rapporto di coppia procede verso la progressiva intimità e conoscenza reciproca coincide con l’evoluzione delle due singole persone coinvolte nel rapporto. Naturalmente nella relazione di coppia non vi è soltanto un problema di conoscenza, certo richiede ai due soggetti la capacità di saper leggere ed interpretare la realtà complessiva dell’altro, il che  comporta necessariamente un ampliamento della propria coscienza. Ma la relazione d’amore promuove uno degli atti fondamentali dell’essere umano: il desiderio di offrirsi all’altro, e ciò contribuisce a sviluppare l’evoluzione etica al centro della visione del mondo. A volte i problemi possono sorgere proprio quando l’evoluzione dei due non è sincronica, cioè un individuo evolve e l’altro no, oppure quando l’evoluzione è divergente, ossia ognuno sviluppa esigenze diverse.

Questi spunti riflessivi appena accennati vogliono sottolineare quanto il rapporto di coppia sia un’esperienza profonda della vita delle persone, anche se a volte non ne abbiamo la giusta consapevolezza. Infatti il rapporto di coppia subisce, come tutte le realtà psicologiche, i dettami della cultura di riferimento, cioè di quella cultura che permea la società. La cultura contemporanea mette al centro dell’esistenza gli aspetti ludico/edonistici;  di conseguenza spesso nella vita di coppia si riconoscono come momenti migliori solo quelli che producono piacere. Tutto ciò non aiuta i due individui ad affrontare anche quelle situazioni più complesse, che mettono maggiormente alla prova le capacità relazionali dei due individui.

Un rapporto di coppia è un cammino spesso difficile che i due percorrono insieme, all’unisono. “Unisono” è una parola chiave in quanto questo spirito comune, che i due trovano, racchiude in sé la vera motivazione della coppia: la comunione dei due. Jung parla di mysterium coniunctionos cioè il mistero del congiungimento degli opposti. Questo concetto è mutuato dagli studi sul simbolismo dell’alchimia. Infatti, l’esperienza d’amore spesso viene descritta come un profondo sentimento di reciproca appartenenza “ti sento in me come io mi sento in te”. Quindi un processo che tende ad unire profondamente i due. Ed è proprio la mancanza del sentimento di appartenenza che provoca i timori, le ansie e spesso le angosce relazionali proprio perché nel rapporto di coppia ciò che si cerca è il realizzarsi dell’unione.  La gelosia, intesa come percezione della non completa comunione, ha un suo fondamento proprio in tale vissuto. Ma la gelosia è un sentimento che si colora di un altro aspetto: l’appartenenza intesa come dominio, come cosa che ci appartiene. Perché come Jung ricorda, nell’amore è nascosto il demone del potere; potere come possesso. Infatti l’amore è il dono di sé verso l’altro, è l’affidarsi all’altro e questo spinge l’altro a percepire il potere che gli è attribuito. Quando un individuo vive questo potere, se rimane catturato da questo piacere, non risponderà con lo stesso linguaggio oblativo che ha ricevuto, ma con la gestualità di chi esercita il potere come dominio sull’altro. Allora certe gelosie estreme nascono dalla insubordinazione di questo tipo di relazione dove uno possiede l’altro. Jung ben spiega come là dove aumenta il potere diminuisce l’amore e viceversa.

Quando in questa dinamica amore/potere, il potere prende piede il rapporto di coppia non è più il luogo elettivo di realizzazione di sé,  ma luogo di scontro. E’ chiaro allora che nella relazione d’amore la persona è sollecitata a migliorare sé stessa e ad affrontare i suoi fantasmi. Solo se si libera delle proprie immaturità ed incongruenze interiori sarà capace di percorre quello stupendo luogo che è l’amore di coppia.

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